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Immagine del redattoreCarlotta Morozzi

ENRICO V - La realtà non è data a priori



Immagina: È il 1.415; è autunno. Sei inglese, sei un soldato, e sei in un accampamento in Francia, con i tuoi compagni di battaglia e con Sua Maestà Re Enrico V. Vi state preparando a combattere una battaglia già persa dal principio, perché i francesi hanno un esercito cinque volte più numeroso. Il vostro Re ne è consapevole: non può negare la triste evidenza davanti ai suoi uomini scoraggiati e afflitti dalla paura. Così, nel silenzio assordante di chi si prepara a correre verso il proprio misero destino, Enrico V vi raduna tutti intorno a lui per ringraziarvi di essergli stato fedele fino alla fine. Si ritira nella sua tenda ed attende l’inevitabile. Adesso immagina: È il 1.415; è autunno. Sei inglese, sei un soldato, e sei in un accampamento in Francia, con i tuoi compagni di battaglia e con Sua Maestà Re Enrico V. Da circa un secolo, tra Francia e Inghilterra non è più tempo di pace e l’indomani avrà luogo una delle tante battaglie contro l’esercito francese di Carlo VI. Questa volta però è diverso: siete pochi, siete molto pochi rispetto all’incomparabile numero di uomini dell’armata gallica. La paura della sconfitta e della morte assale l’animo tuo e dei tuoi compagni. Cosa fare quindi? Ritirarsi e rinunciare all’onore, o andare verso una morte certa? Sentite che è una lotta impari; vi chiedete quanto sarebbe stato più facile con 10.000 uomini in più insieme a voi.


Ma il vostro Re ha un’idea diversa della situazione, e ve la espone così: “Se è destino che si muoia, siamo già in numero più che sufficiente. E se viviamo, meno siamo e più grande sarà la nostra parte di gloria".


Queste, insieme ad altre, le sue parole.

E poi, avviene l’inimmaginabile.


Tu e gli altri soldati iniziate a vedere la situazione in un modo completamente diverso; riacquistate animo, riacquistate fiducia, in voi e nella strategia che il vostro Re ha già in mente. Una sconfitta certa si trasforma così in una vittoria straordinaria, tanto da essere considerata uno dei momenti più fulgidi della storia dell’Inghilterra.


Le parole di Enrico V hanno saputo rendere vivo il motivo per il quale quei “pochi, felici pochi” si trovavano lì a combattere per la loro parte di Gloria.

Un discorso, un agglomerato di parole, che si è dimostrato così potente da muovere gli animi di 6.000 uomini. Come è possibile? Come è possibile che delle semplici parole siano capaci di un simile risultato?


Il linguaggio non è semplicemente un sistema di comunicazione: è un sistema di rappresentazione sociale, e come tale esercita un’enorme influenza sul modo in cui viviamo e vediamo il mondo. Il linguaggio decodifica il modo in cui costruiamo la nostra realtà: rende fatti, situazioni e pensieri mastodontici o lillipuziani, a seconda delle parole che usiamo.


Enrico V ne sapeva qualcosa: è riuscito è far vedere una battaglia come fonte di gloria, e meno soldati ci fossero stati a combattere quella guerra, più porzione di gloria sarebbe toccata a ciascuno. È un cambio di prospettiva. Un cambio radicale: non si parla più di vincere o perdere ma di gloria, di fama, di essere ricordati.


Questo è il potere delle parole, di come vengono messe insieme; sono la cornice che fa comprendere il quadro, che ne esalta la sua bellezza.

A seconda della cornice che decidiamo di mettere, il nostro quadro sarà più cupo o più solare, più spaventoso o più incoraggiante.


Così, le cornici che definiamo nella nostra mente influenzano il modo stesso che noi abbiamo di guardare il mondo. Lungi da me voler affermare che dobbiamo vedere sempre tutto rose e fiori. In questo modo sarebbe più come vivere perennemente con un paio di occhiali dalle lenti cromate e convincersi che tutto abbia sempre un altro colore. No, non sto dicendo questo. Vorrei solo far notare che spetta a noi scegliere come osservare il mondo. La realtà non è data a priori: ogni cosa ha significato perché noi scegliamo di darle quel preciso significato. Pensiamo a noi oggi, al tempo del grande virus. Un tempo di silenzio lavorativo, di incertezza, di difficoltà vere, di riflessione, di noia. Ma anche un tempo di figli che giocano insieme a noi, di cucine sempre attive, di grandi film, di nuove passioni e chi sa, forse anche di più amore. Come vogliamo viverlo, questo tempo? Proviamo a cambiare prospettiva per un attimo. Quali opportunità ci stanno dando queste settimane a casa? Quale vittoria avremo conseguito dopo che la tempesta sarà finita? Sono sicura che ciascuno di noi ne potrà uscire più arricchito e consapevole di sé stesso, perché se nella frenesia della vita quotidiana antecedente a questi mesi non abbiamo avuto tempo di dedicarci a noi o qualcosa che ci piace, adesso abbiamo la possibilità di riscoprila. Sicuramente questo non è uno tra i migliori periodi storici vissuti fino ad ora, ma chi sa se anche da questi momenti non si possa trarre qualcosa di buono. Le abitudini che abbiamo nel vedere il mondo influenzano il nostro modo di pensare e di parlare, e il nostro modo di pensare e di parlare spesso influenza il nostro modo di agire. Proviamo a cambiare abitudini, a cambiare prospettiva – cornice – e cambieremo il nostro modo di agire. La mia cornice di oggi è fatta di predisposizione all’altro, di impegno, di focalizzazione sul mio obiettivo e di pazienza ma tanta voglia di fare. E la tua?



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